martedì 11 novembre 2014
Passiamo
la nostra intera esistenza a interrogarci, a fantasticare sul nostro futuro.
Fin da quando cominciamo a prendere coscienza di noi stessi, le domande
che ci facciamo (e che inevitabilmente ci fanno) sono sempre le stesse e una
prevale su tutte: “come sarò da grande?”. Con il passare del tempo, cerchiamo
di immaginare come saremo tra dieci, venti anni oppure da vecchi. E alzi
la mano chi non si è visto realizzato e “vergognosamente felice” (cit.)! Deve
essere qualcosa di nascosto nel nostro genoma che ci fa essere
irrealisticamente ottimisti e ciechi agli innumerevoli esempi, non proprio
edificanti, che ci circondano. La vita è bizzarra. Puntualmente, per scelte
consapevoli o per casi fortuiti, veniamo deviati della via programmata. Ci
troviamo spesso davanti a un bivio che determina un cambiamento di rotta
radicale, spesso diametralmente opposto da quanto previsto.
Tutta
questa premessa per dire che la mia vita non è stata esattamente come l’avevo
programmata o immaginata. Attenzione, non voglio assolutamente dire che, se
potessi, cambierei radicalmente il mio percorso o ciò che sono diventato! So
che sono state le mie scelte a portarmi dove sono adesso, scelte che,
molto spesso, sono comunque state fatte non in piena libertà ma condizionate da
situazioni contingenti che permettevano un limitato margine d’azione. Detesto,
con i dovuti distinguo, le persone che continuano a piangersi addosso e
incolpano sempre gli altri per le loro disgrazie, incapaci (ma ne siamo proprio
sicuri?) di assumersi la responsibilità delle proprie azioni.
Tornando
al tema centrale, di certo non sono “vergognosamente felice” (la felicità, checché
se ne dica, è una condizione fugace), ma penso di aver raggiunto uno stato di
noiosa serenità, aiutato anche dal fatto che ho imparato a mettere da parte
i ricordi (specie i più dolorosi) e i rimpianti (che forse non ho mai
avuto). Sono profondamente radicato nel presente, nell’oggi, e il futuro più
lontano che riesco ad immaginare è dopodomani perché ho capito che 48 ore sono
più che sufficienti per rimescolare le carte. Oggi mi trovo davanti
all’ennesimo bivio. Un evento verificatosi di recente, purtroppo ampiamente
prevedibile e quindi atteso, mi ha aperto orizzonti che meritano di essere
considerati. Mai come in questo periodo, in tutta la mia vita, sono stato così
libero di poter scegliere di trasformare la mia esistenza in modo radicale. Mi
trovo però di fronte ad un dilemma. Da un lato il mantenimento di uno
status quo determinato da una sottile e fragile ragnatela di relazioni che
comunque mi aiuta a mantenere un solido equilibrio, dall’altro la possibilità
di aprirmi a nuove progettualità mai considerate neppure nelle mie più ardite
fantasie. Per natura sono un essere stanziale: amo la mia casa, il mio
territorio, le poche persone che frequento. Ma niente di tutto ciò adesso mi
sembra irrinunciabile. Perché non provare a vivere facendo il pescatore in
Alaska, il coltivatore di kiwi in Nuova Zelanda o il guardiano di un’isola in
Polinesia? Sono esempi estremi, molti affermano che è possibile cambiare
radicalmente semplicemente mettendo il naso fuori della porta di casa e
probabilmente hanno ragione. Adesso sento di avere bisogno di una forte
scossa.
Voglio tentare di essere
VERGOGNOSAMENTE FELICE!
My old life or a new life?